In tutto il mondo, si stimano circa 400 milioni di persone affette da diabete. Per tenere sotto controllo il livello di zuccheri nel sangue, i pazienti sono sottoposti ad un regime alimentare ferreo, alla somministrazione di farmaci o iniezioni di insulina.
Diverse strade hanno però prodotto, ultimamente, risultati promettenti, anche se per adesso solo in studi su animali.
Un gruppo di scienziati, guidati dalla East China Normal University, ha condotto un esperimento importante, che apre alla possibilità di accertare i livelli di zucchero del sangue tramite delle cellule comandate dallo smartphone.
Il team di ricercatori ha creato cellule in laboratorio che producono insulina quando sono illuminate da una luce di intensità tra il rosso e l’infrarosso, chiamata con il nome di far-red.
Le cellule sono state inserite su dei materiali biocompatibili, caratterizzati dalla presenza di piccole luci led e sono state impiantate nei topi.
I risultati sono stati sorprendenti: gli scienziati sono stati in grado di controllare il livello di zucchero nei roditori diabetici, utilizzando lo smartphone e attivando in remoto le luci led. I ricercatori sono stati in grado di verificare l’insulina nei topi e raggiungere la concentrazione di zucchero ideale nel sangue.
Non si esclude dunque in futuro la possibilità di introdurre questo sistema nei pazienti diabetici ed inoltre l’idea di utilizzare cellule ingegnerizzate per rilasciare farmaci e sostanze curative, potrebbe trovare applicazione per gestire anche altre patologie.

L’University of California di San Francisco, in collaborazione con una start up, ha condotto uno studio che ha permesso la realizzazione di un’app chiamata Cardiogram che, installata su un dispositivo smartwatch, è in grado di riconoscere la fibrillazione atriale, una patologia cardiaca che porta a irregolarità nel battito, con il 97% di accuratezza.
Lo ha dimostrato uno studio presentato alla conferenza della Heart Rhythm Society, secondo cui la precisione non è ancora sufficiente a formulare una diagnosi, ma lo è per un primo screening.
Per lo studio sono stati reclutati 6000 utilizzatori, 200 dei quali avevano una diagnosi di fibrillazione atriale. Le differenze nelle misurazioni tra i due gruppi sono state usate per ‘insegnare’ allo smartwatch a riconoscere i segni della malattia.
“Almeno per qualche anno questo tipo di algoritmo non sarà sufficiente per fare una diagnosi di fibrillazione, ma sarà molto utile per fare uno screening, anche se poi la diagnosi avrà bisogno di una conferma con gli strumenti tradizionali”, ha affermato Greg Marcus, coordinatore dello studio.
Nonostante i risultati non siano ancora perfetti, pare comunque molto vicino il momento in cui la tecnologia sarà in grado di darci una grossa mano anche nel controllare in autonomia la situazione del nostro cuore.